David Remnick (1958) è direttore del «New Yorker» dal 1998. È stato inviato speciale per il «Washington Post», ha scritto per «Vanity Fair», «New Republic», «New York Review of Books». Fra i suoi libri, Il re del mondo – la biografia di Muhammad Ali; Obama. Una storia della nuova America; We Are Alive. Ritratto di Bruce Springsteen. Nel 1994 vinse il Premio Pulitzer per La tomba di Lenin, tradotto per la prima volta in italiano da Katia Bagnoli per Settecolori nel 2025.

David Remnick
La tomba di Lenin
Traduzione Katia Bagnoli
Settecolori, Milano 2025
Collana Isole nella corrente
Pagine 750
ISBN 9791281519336
In “La tomba di Lenin” David Remnick è riuscito nell’impresa di trasformare il lettore nel testimone diretto di uno straordinario momento di svolta della storia.
Robert A. Caro

Quando David Remnick arrivò a Mosca nel 1988, come corrispondente del «Washington Post», le riforme di Gorbaciov erano già cominciate, ma la più importante di esse non aveva a che fare con nuovi indirizzi economici, con lo snellimento della burocrazia, con la revisione e la riduzione del potere politico rappresentato dal Partito rispetto alla società civile. Riguardava invece, come poté constatare, la verità e il suo ripristino, un’ansia e un sentimento di verità su quello che era stato il brutale passato sovietico, su quello che era il suo desolante e desolato presente. Come un irresistibile eccitante, ogni nuova rivelazione ne stimolava un’altra e presto il processo divenne inarrestabile… Questo spiega perché il ritorno della storia sia il tema di La tomba di Lenin e insieme l’essenza della rivoluzione che rovesciò il sistema sovietico. Durante quegli anni, Remnick girò l’Unione Sovietica in lungo e in largo. Visitò le miniere di carbone; si recò nelle stazioni ferroviarie alla ricerca di ladri mendicanti, viaggiatori; andò nelle lussuose residenze che ospitavano la nomenklatura del Regime e nelle semplici abitazioni dei dissidenti del governo. Come in un grande romanzo russo, tutti volevano raccontare la loro verità e, pur contraddicendosi l’un l’altro, aiutavano a comporre il ritratto di un popolo consapevole che la storia si andava agitando sotto i suoi piedi. Tutto ciò fa di La tomba di Lenin, Premio Pulitzer alla sua uscita, qualcosa che va oltre il giornalismo, un contributo senza pari sul perché della caduta dell’Unione sovietica e insieme la narrazione in presa diretta di un momento straordinario nella storia dello spirito umano. Scritto a distanza di settant’anni da I dieci giorni che sconvolsero il mondo, di John Reed, La tomba di Lenin ne è idealmente il capitolo mancante, tragico epitaffio della fine dell’impero sovietico, ma non, come allora ci si era illusi, della «fine della storia».